Poté farsi scudo della tua interna fede?
Qual luci e qual cieli vollero il
disfacimento
de li tuoi sacri templi?
In quali abissi le virtù dei tuoi civici decaddero?.
Quale fu la mano che diede la distruzione
allo tuo clero?
Dove fu, come poté la vostra cerchia
essere così corrotta?
Fede poté credere in alcunché sanza spiegazion
assodata.
Da poiché io a te giungo, e dalla
meraviglia che eri…
Io soffoco lo sdegno, e te cedo lo passo…
Parkoz,
come il mondo, era costantemente in evoluzione. Alcune città conoscevano una
nuova era, altre invece erano dirette verso il regresso. Il declino delle virtù
degli uomini che hanno bisogno di credere in qualcuno, qualcosa, che spesso è
corrotto, l’ingenuità delle genti è da sempre fonte di profitto per ladri e
impostori. In realtà non ha molto senso ciò in cui credi, l’importante è che la
tua fede sia condivisa, una menzogna in bocca ad un bugiardo è reato, in seno
ad un intero popolo diventa una verità sacra. Questo è ciò che era successo
alla città di Maddalena; il clero aveva traviato tutto, non esisteva luogo in
cui non ci fosse degrado e corruzione. Il momento in cui capisci dove e come
una cosa è successa è l’attimo di transizione dello spirito verso la decadenza
dei sentimenti. Come un’anima umana in preda al decadimento morale la città
stava per marcire. Nessuno avrebbe fatto nulla per impedirlo.
Maddalena
era uno dei più grandi centri ecclesiastici dell’intero regno, il cuore della
città contava oltre cinquecentomila abitanti, quasi più popolosa della capitale
Barbara, che raggiungeva i
cinquecentotrentamila. Al suo nucleo epico sorgeva la cattedrale di Bartolomeu il più grande profeta e
santone che sia mai esistito a Parkoz.
Nato
a Breton Ville, Bartolomeu aveva preso i voti a Maddalena. Lì dove poi si
sarebbe suicidato in preda all’imminente paura di una futura fine del mondo. In
quel punto dove una volta era terra incenerita, in mezzo alle colline, nacquero
dei fiori a formare la sua immagine di morto. Il popolo crede che Bartolomeu
avesse salvato il mondo sacrificando la sua vita, intorno alla sua effige, ora
impagliata, di uomo che prega, venne costruita una cattedrale.
Giungevano
da tutto il paese per vedere l’effige di Bartomeu il grande profeta. Si diceva
che ad ogni ricorrenza della sua morte la statua si muovesse o lacrimasse dando
dei segni, spesso interpretati come
divini e premonitori dai chierici dell’istituzione.
Il
problema era che la statua aveva incominciato a muoversi un po’ troppo spesso,
dando segni un po’ troppo assurdi, ma la folla interpretava il tutto come un
disegno da seguire ed un carro da trainare.
Se
da un conto la gente ha bisogno di credere, sperare quando è in difficoltà,
dall’altro è possibile che la fede possa venire manipolata da individui
apparentemente illuminati.
Il
cielo era grigio il giorno in cui Giric e il suo fedele giunsero in quella
cittadina pervasa da una fede malata. Qualche goccia che bagna le labbra di una
graziosa fanciulla, un movimento tenue un respiro profondo, l’aria era umida…
«Diletto
sta per piovere, pote la pioggia lavare tutto il male che il mio core or ora
sente?»
Il
rumore della pioggia è lieve appena, mentre le nuvole rombano decise. Le gocce
si portavano appresso il loro scroscio, di lì a poco sarebbero cadute
incessantemente.
Disse
Sgua,colui che dovrebbe essere lo scudiero: «Signor mio Giric, dovemo trovare
riparo, oppure meniamoci in qualche casa, vene di Diana!»
«Sgua,
mille volte vi dissi et equamente ancora, non porgetemi la vostra sozza lengua
quando imprecate, che dovemo trovare riparo lo intesi anco io, andiamo sotto lo
ponte con il vostro cavallo, che forse è un somaro.»
Al
solito infastidito dal fare regale del suo presuntuoso padrone, Sgua sistemò
gli spadoni e si incamminò con il suo cavallo sotto il ponte delle sirene stonate.
In
attesa che la pioggia si fosse fermata, il principe cavaliere ed il suo
compagno ne approfittarono per riposare con il braccio sotto guancia, come
rassegnati, sfatti e annoiati da tale fenomeno. Speranzosi di una luce
prossima.
Rimasero
sotto il ponte delle sirene per oltre un’ora, quando ormai la pioggia si rese sopportabile,
si diressero verso il centro, dove vi era la
cattedrale ed il palazzo della città.
Non
avevano ricevuto nessuna notizia riguardo al loro intervenire, solo un
messaggio di recarsi sotto il palazzo della città il giorno prestabilito.
Aggiornamenti sulla questione una volta avvenuto l’incontro. La lettera era
indirizzata a Giric il vagabondo.
Le vie della città erano colme di ceppi spinosi sporchi di sangue, c’erano delle persone che portavano grandi massi sul collo e le ragazze pregavano incessantemente in maniera maniacale. Quel bisbiglio denotava un forte attaccamento alla fede. Il tutto doveva essere normale in una città molto religiosa ma la via da seguire non sempre è quella giusta, bisogna sondare con attenzione l’origine della fede. Il popolo tutte queste cose non le sa e spesso la fede sconfina nella follia. Essendo una città religiosa l’esercito era ai comandi del clero, agli ordini del Sacerdos in Aeternum, il primo sacerdote, la cui prioritaria occupazione era fare le veci della città. Egli aveva una forte influenza anche sui politici più potenti a Parkoz.
Lo spettacolo non fu dei migliori ma tutto questo poteva essere giustificato, rispettando l’indole di un paese.
La pioggia cessò di picchiare sui loro volti e la luce dopo il grigio cielo illuminò le chiese di Maddalena.
«Sgua, anco tu vedesti? Dopo una cosa trista come la pioggia, viene lo cielo colorato, ed ete come l’anima umana che essa sa riprende dopo le cose difficoltose ad intra di sé.»
«La pioggia ete un mezzo, mio signore, un mezzo per dare alla terra quello ca della terra già fu.»
«Semo giunti a luogo mio diletto, ora aspettamo segni.»Disse Giric, dopo essere sopraggiunto a destinazione, non una parola su quanto avevano visto nella città, da nessuno dei due. Dalla folla si sentì un fischio, era un segno che dovevano proseguire da quella parte, Giric tirò le redini di Lampo e proseguì per quella strada che si addentrava nel buio di una via senza uscita. Pensò tra sé ed il suo ego, che potesse essere una trappola, dopotutto non sapevano nulla di chi avesse mandato il messaggio e perché, ma tutto sommato la preoccupazione scomparve, nessuno avrebbe dato la caccia a loro due usando stratagemmi così stupidi.
Era sera inoltrata quando il messaggio arrivò legato ad un piccione alla vecchia maniera, sulla carta i caratteri quasi illeggibili con una grafia tremolante. Sgua lo lesse:«Giric cavaliero di gran core, Maddalena invoca a grande voce il vostro aiuto, noi vi aspettiamo tutti i giorni alli dodici battiti fronte a palazzo della città.»Sgua non si fidò dall’inizio. Fu un mistero come fosse arrivato quel messaggio a Giric in persona e come avesse fatto il piccione a trovarlo. «A ben anco Sgua, hanno legato tanti messaggi a tanti piccioni esta spiegazione ete credibile.»Sgua voleva ignorare il messaggio ma Giric lo raccolse.
«Mai nessuno pote le orecchie tapparsi a chi a gran voce lo chiama. Siete mai stato a Maddalena?»
«No non fui mai attratto dalle vocazioni.»
Le vie della città erano colme di ceppi spinosi sporchi di sangue, c’erano delle persone che portavano grandi massi sul collo e le ragazze pregavano incessantemente in maniera maniacale. Quel bisbiglio denotava un forte attaccamento alla fede. Il tutto doveva essere normale in una città molto religiosa ma la via da seguire non sempre è quella giusta, bisogna sondare con attenzione l’origine della fede. Il popolo tutte queste cose non le sa e spesso la fede sconfina nella follia. Essendo una città religiosa l’esercito era ai comandi del clero, agli ordini del Sacerdos in Aeternum, il primo sacerdote, la cui prioritaria occupazione era fare le veci della città. Egli aveva una forte influenza anche sui politici più potenti a Parkoz.
Lo spettacolo non fu dei migliori ma tutto questo poteva essere giustificato, rispettando l’indole di un paese.
La pioggia cessò di picchiare sui loro volti e la luce dopo il grigio cielo illuminò le chiese di Maddalena.
«Sgua, anco tu vedesti? Dopo una cosa trista come la pioggia, viene lo cielo colorato, ed ete come l’anima umana che essa sa riprende dopo le cose difficoltose ad intra di sé.»
«La pioggia ete un mezzo, mio signore, un mezzo per dare alla terra quello ca della terra già fu.»
«Semo giunti a luogo mio diletto, ora aspettamo segni.»Disse Giric, dopo essere sopraggiunto a destinazione, non una parola su quanto avevano visto nella città, da nessuno dei due. Dalla folla si sentì un fischio, era un segno che dovevano proseguire da quella parte, Giric tirò le redini di Lampo e proseguì per quella strada che si addentrava nel buio di una via senza uscita. Pensò tra sé ed il suo ego, che potesse essere una trappola, dopotutto non sapevano nulla di chi avesse mandato il messaggio e perché, ma tutto sommato la preoccupazione scomparve, nessuno avrebbe dato la caccia a loro due usando stratagemmi così stupidi.
Era sera inoltrata quando il messaggio arrivò legato ad un piccione alla vecchia maniera, sulla carta i caratteri quasi illeggibili con una grafia tremolante. Sgua lo lesse:«Giric cavaliero di gran core, Maddalena invoca a grande voce il vostro aiuto, noi vi aspettiamo tutti i giorni alli dodici battiti fronte a palazzo della città.»Sgua non si fidò dall’inizio. Fu un mistero come fosse arrivato quel messaggio a Giric in persona e come avesse fatto il piccione a trovarlo. «A ben anco Sgua, hanno legato tanti messaggi a tanti piccioni esta spiegazione ete credibile.»Sgua voleva ignorare il messaggio ma Giric lo raccolse.
«Mai nessuno pote le orecchie tapparsi a chi a gran voce lo chiama. Siete mai stato a Maddalena?»
«No non fui mai attratto dalle vocazioni.»
«Ora
avete uno motivo per esservi e poi anco noi non sapevamo dove andare, ora avemo
una mèta.»
Seguendo
quel sentiero e quel cavallo notò che i piedi del suo cavaliere erano corti ed
esili, allora totalizzò che poteva essere una ragazza. Lui non poteva vedere il
volto, ma chi le stava davanti sì. Da quelle parti pellegrinava un frate, che
la scorse distintamente, in un attimo la afferrò per un braccio e la tirò giù
da cavallo, fu troppo veloce perché Giric potesse intervenire. Il frate urlava:
«Ego te salvo la tua anima, ego te salvo dal male.» Ora il volto era
riconoscibile.Era proprio quello che al cavaliere era parso. L’uomo di Dio
voleva fare del male a quella ragazza, ora assolutamente visibile sotto il
mantello lungo. Gli occhi della pulzella in pericolo pieni di paura e
rassegnati fecero scendere il cavaliere da cavallo. Il passo che lo portò a
recarsi vicino al frate fu breve. Giric era disarmato ma con le mani
agguantate. Il frate appena chino sentì il suo corpo volare all’indietro per
sette metri. Sgua l’inutile, assai lontano si affrettò ad arrivare puntando una
spada sul collo del frate. Giric aiutò la ragazza a rialzarsi. Dopo afferrò il
fratacchione per la gola. «Voi, brutto sudicio maiale, vi ammazzo se non la
smettete.»Sarebbe incorso nella sua ira. Notò con molta repulsione entro di sé
che molte persone avevano osservato senza dire o fare nulla, una cosa del
genere nel suo paese natale sarebbe costata la scomunica ed il linciaggio.
Allora ebbe il sospetto che quelle cose accadessero tutti i giorni, i popolani
erano solo dei mezzi per i religiosi che li avevano talmente tanto
monopolizzati ad una schiavitù mentale, che ogni cosa persino la più ripugnante
se fatta da un frate o un padre religioso corrispondeva a cosa giusta. Essendo
un nobile cavaliere di grande morale non poteva sopportare questa situazione.
Il frate fu legato e picchiato da Sgua fu esortato a dare spiegazioni.
«Ete
uno mio diritto, Dio me lo permette.»Ripeteva in continuazione. La presunzione
e la follia di quel frate urtavano i nervi al principe che con una mano
stringeva la ragazza appena adolescente.
Le
persone che sembravano prese da fede maniacale ebbero un certo piacere nel
veder picchiare quel frate. Queste cose accadevano tutti i giorni. Maddalena
aveva conosciuto la ragione propria.
Dopo
che Giric ebbe calmato la ragazza ella spiegò per bene quello che stava
succedendo in quel posto, la chiesa era molto lontana dagli insegnamenti dei
grandi profeti. Aveva abusato ed usato i suoi poteri e come se non bastasse
aveva fatto credere di essere nel giusto. La gente si riunì intorno a Giric,
aveva la consapevolezza di essere convincente. Il frate che aveva ormai il capo
chino aveva smesso di ripetere la stessa cosa. Così dopo aver accolto il
principe la folla gli diede da bere. Essi non sapevano di trovarsi di fronte ad
una delle persone più potenti di tutto il regno e che in un'altra circostanza
si sarebbero dovuti inginocchiare. A Giric queste cose non piacevano, non gli
piaceva camminare su petali di rose, lui era uno di loro.
«Un
regno non esisterebbe sanza un popolo, così come io non avrei ragione di essere
quello che sono, fui soltanto fortunato.»Disse a suo padre prima di partire.
Aveva accettato la sua condizione, ne era consapevole ma non avrebbe accettato
di non poter sfruttare il suo talento ed i suoi insegnamenti. «Padre non me ne
vogliate, ego mi meno in posti lontani, ove di me si ha un gran bisogno, ove le
ossa io mi vorrei fare, per poter al meglio regnare.»Erano questi gli anni
migliori della sua vita.
«Dite
meco. Dicetemi cosa succede a voi ogni giorno.» Quasi nessuno ruppe il silenzio
sinché la ragazza che Giric aveva salvatospiegò la situazione e il motivo per
cui richiese il suo intervento.
«Tre
anni or sono questo era uno posto di culto, credevamo nello profeta Bartolomeu,
lo nostro vecchio sacerdos era un omo giusto et bono. Egli donavaci la virtù
della fede e se un religioso compiva atti che adogne persona potevano sembrare
truci, pagava con la propria veste e veniva punito come ogne omo che face lo
briccone. Purtroppo ello venne a mancare nel giro de tre soli se aggravo e
avvenne lo suo trapasso. Ora chi fa le veci di codesto paese eteuno uomo
malvagio, li preti e li frati fanno di noi quello che vogliono, se avemo solo
da mangiare per noi non potemo mangiare, vengono li frati e dicono che lo Padre
Eterno gli ha detto che li dovemo sfamare, tante volte loro mangiano e noi
guardiamo affamati. Se avemo li soldi li dobbiamo dare a loro, se avemo anche
l’onore di essere femmine lo dovemo dare a loro, loro abusano e si prendono ciò
che vogliono e quando vogliono. Da quando Lisanti fu nominato sacerdos tutto lo
popolo è schiavo e non abbiamo più on…»Prima che avesse finito di dire onore,
Giric levò la mano in cielo dicendo «Oh»era il suo modo per dire non lo pensare
nemmeno. «Parlatemi di Lisanti. Li religiosi, li preti che commettono oscenità
non vengono puniti?»Come aveva pensato i chierici erano intoccabili. Tutto era
loro permesso, il perché non tardò ad arrivare. «Lisanti ha emanato una bolla,
che protegge li preti da qualsiasi reato essi possano commettere, lo perché
sono uomini di Dio» Il frate ormai immobilizzato fu stordito da Sgua. I cittadini
rientrarono nelle loro case, qualcosa stava cambiando, era inevitabile non
intuirlo.
I
preti erano intoccabili, perché si facevano scudo della loro falsa fede, non
esitavano a commettere qualsiasi nefandezza, il posto era occupato da questi
piccoli uomini in gonnella. Il problema della città era grave, non poteva
essere risolto da un solo individuo, non un uomo qualsiasi, i fratidovevano
essere puniti e Lisanti cacciato via per aver portato la città al degrado. Come
si fa a combattere coloro che credono di essere nel giusto ed andare contro la
casa di Dio? Giric concluse allora che la fede poteva essere combattuta solo
con la fede stessa. Lampo tremava, nitriva, persino lui di fronte a tale
condizione era innervosito. Come combattere la fede di migliaia di persone? Giric
e Sgua portarono con loro la ragazzina, che ormai si sentiva sicura, trovarono
riparo nella sua casa, dove c’erano anche le due sorelle ed il padre. Sua
sorella più grande aveva un bambino,avuto dopo una violenza subita da un
chierico, che la fece scomunicare come tentatrice. Giric sentì tutte le follie
commesse dei religiosi che erano potenti e ricchi. La falsità aveva impestato
l’anima della gente.
«Ego
ve domando grazie per l’ospitalità. Ditemi come avete fatto a trovarmi?»
«Qui
a Maddalena avemo li piccioni con un olfatto sviluppato.»Detto questo la
ragazzina prese un pezzetto di stoffa del mantello di Giric, che aveva
conservato in un cassetto. Era lo stesso pezzo di mantello che gli fu strappato
durante la permanenza a Breton Ville, dove sconfisse da solo il mal governo. Le
gesta di Giric venivano raccontate per il paese, che ripeteva in continuazione
che un giorno Giric l’eroe vagabondo l’avrebbe salvato. La ragazza lo aveva
chiamato per questo, facendo annusare un piccolo drappo di stoffa al piccione
viaggiatore che aveva trovato con facilità il padrone del mantello.
«Noi
vi imploriamo aiuto Giric, solo voi potete salvare questa città dalla rovina.»Non
ci sarebbe stato bisogno di implorarlo, anche se prendere una posizione di neutralità
sarebbe stato quasi impossibile.
«Ego
ve aiuto, troveremo un modo per portare tutti sulla retta via.»Giric si
intendeva di religione quanto bastava, la sua famiglia era molto credente e nel
suo palazzo reale vi era anche una cappella, che tutti i suoi famigliari
visitavano regolarmente. In quel momento le parole del suo maestro
Baldovinotornarono alla sua mente.
Baldovino
era uno dei più grandi filosofi del regno, era nato a Sassoniera ma fuggì a
Barbara in seguito alle guerre che negli anni prima avevano straziato la sua
città natale. Il re offrì riparo a lui ed alla sua famiglia. Giric era uno
studente molto distratto ma le parole di quel giorno furono incisioni nella sua
mente «Non ave importanza in che maniera, se riesci a fare credere qualcosa
alle genti, esse saranno soggiogate e costruiranno delle cose che non sono mai
avvenute. Dovete giocare sopra ledebolezze della gente e fate di esse la vostra fonte de forza.
Pensate co la mente la tattica da seguire, vale nello conflitto, come nella vita.»
Il
principe che fino a quel momento aveva uno sguardo assorto disse: «Baldovino
venne in mio aiuto. Dovemo agire con l’astuzia, Sgua siete con me?»In realtà
non c’era bisogno di chiederlo, lo scudiero sapeva capire le difficoltà
nonostante fosse un fetente. «Bene, voi donzella come vi chiamate?»effettivamente
fu strano il modo di chiederlo dopo una giornata passata insieme, era quasi
sera e senza luce il piano avrebbe funzionato ancora meglio. La ragazzina
rispose «Ego mi chiamo Liz». Dopo Giric prese a spiegare il da farsi.
«La
cosa ete semplice, dovemo fare in modo che tutti credano che Bartolomeu abbia
una ira funesta contro lo popolo, dovemo agire veloce ed essa gente ha da
diventare impaurita, basteranno poche cose, loro faranno lo resto. Sguà voi dovrete
urlare per coteste strade, a dire -ho visto Bartolomeu, ha detto che tutti
dovemo morire-. Cercate di fare uno caos gigante, domani lo popolo andrà alla
ode de Lisanti, non potemo raggiungerlo diversamente, semo in pochi. Voi Liz
dovete urlare per tutto lo paese tutta la notte dicendo -la morte ete alle
porte, alle porte-. Io devo penetrare nella cattedrale e nascondermi sotto
l’altare ove Bartolomeu è deposto. Se la gente non potrà mai credere a me,
potrà credere nella sua fede istessa, ciò per cui ogni giorno subisce..»
Mentre
Liz e Sgua portavano a compimento il piano del principe egli doveva recarsi
nella chiesa a prendere posto al di sotto dell’altare. La città stette
spaventata quella notte. Giric tranciò la lingua al frate ancora stordito e lo
legò ad un palo a testa in giù, nudo e con un cartello scritto in parchese che
recitava: finiranno capovolti tutti gli
eretici che capovolgono la verità e sanza lengua idegna di professare lo mio
verbo, Bartolomeu. Ora non gli restava che introdursi nella chiesa,
completamente ermetica, ma Giric apriva qualsiasi tipo di serratura senza
nessuna difficoltà. Appena chiuso il portone Giric prese posto e rimase lì ad
aspettare l’ora in cui attuare il suo piano.
La
mattina dopo la gente spaventata si recò nella cattedrale dove Lisanti, ignaro
di tutto, si accingeva a cominciare il proprio discorso. Tutti avevano tante
domande e finivano per interromperlo sempre, terrorizzati dall’immagine del
frate con la lingua tagliata e dalle voci che Sgua e Liz avevano messo in giro.
Anche Lisanti cominciò a spaventarsi, lo spavento di chi ha permesso tante cose
senza rendersene conto ed ha chiuso le orecchie quando la gente gridava aiuto.
«Dovemo
tutti avere fede in Bartolomeu, la mia mano ete la mano di Dio». Sgua nascosto
tra la folla con Liz prese passo e si recò al centro della chiesa aspettando il
momento opportuno. La folla ormai in preda adagitazione e incertezza della loro
fede, dell’operato dei frati e di una futura fine di tutto, cominciava a vedere
segni premonitori, la statua che si muoveva, il cielo che si oscurava. Giric
che fino ad allora aveva dormito stava per svegliarsi. Dopo un attimo di
smarrimento prese decisione tra le incalzanti paure della gente.
«Taci
popolo! Tu che hai dato lo consenso di tutto questo a Maddalena, tu che
lasciasti che Lisanti diventasse sacerdos devi pagare con la tua vita lo scempio
in cui la mia città sprofonda.» Era la voce di Giric anche con una lieve vena
di raucedine di chi si è appena svegliato, ma in realtà il seme era stato gettato
e alla gente quella parve la voce di Bartolomeu. Lisanti spaventato e preso dal
suo stesso panico confessò tutto quello che aveva combinato in tre anni, cose
che la gente non avrebbe mai voluto sentire. Sgua, come una volpe, dal centro
della cattedrale, ebbe il lampo di genio e disse urlando: «Cosa dovemo fare,
come potelo popolo salvarsi?» La statua di Bartolomeu riprese a parlare per non
farlo mai più, in quel momento Lisanti in preda al panico stava per avere un
attacco cardiaco, per il troppo spavento.
«Popolo
punisci, punisci chi mi ha adirato, punisci li frati che insudiciarono lo mio
nome.»Ma il popolo non ebbe tempo di punire Lisanti, era già morto in preda ad
un attacco di cuore. Ma tutti i frati della chiesa vennero catturati.
Quel
giorno fu la rivincita del popolo sul clero. Giric uscì da dietro l’altare, in
realtà nessuno lo vide, il popolo quando lo ebbe notato si inginocchiò credendo
che quella era l’immagine di Bartolomeu che era tornato in vita reincarnardosi
per lo sdegno. Giric, avendo capito di essere riuscito a creare una soggezione
incredibile, raccolse l’invito.
«Popolo
so che hai sofferto per lo ché ti hanno distrutto, ora viene il tempo per la
rinascita dopo lo periglio, riprenditi ciò che è tuo, a casa delli chierici
puniscili, codesta ete la volontà mia.»
Quel
giorno chiunque fosse stato vittima di abusi, chiunque avesse sopportato le
nefandezze additò il colpevole ed esso venne privato dei suoi beni e sottoposto
al giudizio della vittima. Maddalena non aveva bisogno di essere salvata ma di
essere svegliata.
La
voce del popolo è la voce di Dio. Molte cose successero quei giorni. Dopo poche
settimane, quando la situazione fu calma Giric decise che quello non era più il
suo posto. La gente avrebbe saputo costruire ancora una città sulle ceneri del
clero e nuovi uomini valenti avrebbero preso il posto della feccia.
Liz
non fece in tempo a salutare Giric, con il denaro che ebbe in risarcimento, per
gli abusi subiti dalla sorella, arricchì la sua famiglia. La ricchezza del
clero servì a sfamare il popolo. I frati tornarono ad essere umili uomini di
Dio.
Pochi
anni dopo Liz raccontò tutto. Il popolo immensamente grato a quel paladino
molto speciale eresse una statua. Al vagabondo con l’animo di un re. Colui che
ha salvato Maddalena dall’inferno in cui era caduta.
Oggi
i nonni raccontano ai nipoti le gesta di Giric e di quel giorno che segnò la
storia aprendo le porte di una nuova fede affinché non si perda la speranza di
cambiare le cose per quanto difficile possa sembrare farlo.
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Racconto partecipante alla sesta edizione di © Philobiblon (2011)
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Racconto partecipante alla sesta edizione di © Philobiblon (2011)
il racconto è l'opera di Danilo ecco il suo link https://www.facebook.com/leccellente.danilo
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